Quello che noto sempre è che nei momenti di felicità bisogna cercare dei modi per farsi del male. Alla fine sono io che scelgo i miei esiti, soppesando le conseguenze di ogni stato d’animo. Se mi sento felice per troppo tempo è meglio un periodo di depressione breve per poi godere di nuovo appieno dei gin tonic dopo cena; come in un periodo di crisi è meglio cadere (o essere gettati) in una depressione economica ancora più profonda ma per un breve periodo di tempo in modo da esaurire le risorse per fare in modo che la necessità porti verso un cambiamento. Come quando un organismo si trova in uno stato di stress o digiuno e quindi i lisosomi in ogni cellule digeriscono proteine e altri organelli e utilizzano ogni risorsa per sostentare l’individuo. è un male ora per un bene domani, un salto nel vuoto verso un vuoto più pieno. l’ottimismo della disperazione frutto del nostro retaggio evolutivo migliore: l’immaginazione. Immaginando proiettiamo aldilà dell’abisso, aldilà della crisi e aldilà del digiuno, ci sacrifichiamo come agnelli verso il dio in ognuno di noi: istinto materico. Ma le idee ci sorreggono, consentendoci di ribellarci al nostro fasto materico, al nostro bisogno di elettroni, al nostro continuo ossidare per poi ridurre di nuovo. è l’anello che non tiene di Montale, lo squarcio nel cielo, che ci butta nel mezzo della verità. Solo pensando possiamo fuggire dal nostro fardello materiale, un giorno saremo soltanto sinapsi digitali, un network di idee avulse dalla materia. e lì saremo liberi dalle rocce ma non ancora dall’energia. Noi purtroppo non siamo divini ma siamo sulla buona strana. Ci ribelliamo anno dopo anno per poi accorgerci che il nostro nemico è al nostro interno. Evolviamo verso la connessione e perdiamoci nei nostri sogni, tanto ci sarà sempre il timorato mediocre che ci terrà ancorati qui in basso.