Quando i folletti mi picchiano il cranio e temo di perdere il controllo fuggo nella mia isola preferita. Quest’isola è speciale perché è raggiungibile solo a nuoto. Le navi non ci arrivano. Occorre nuotare e crederci davvero per poter giungere alle sponde dorate sabbiose. Sull’isola si eleva poi un promontorio, che si affaccia verso orizzonti più rosa. Di sera l’atmosfera diventa rarefatta e concilia il volo a certe creature particolari. I ricordi riaffiorano uno dopo l’altro come i bucaneve spuntano dall’ultima neve di marzo. Dopotutto si può arrivare sull’isola solo essendo psicologicamente preparati perché ci sono falconi feroci nell’aria, coccodrilli con denti più duri dei diamanti e gli squali sono più affamati degli adolescenti a mezzanotte. Una volta superate le insidie però si può ammirare la vista spettacolare, che fa dimenticare il pulviscolo urbano e i folletti malvagi. Là l’orizzonte è più in alto, l’aria è più salubre e il sole penetra fino alle cavità delle ossa. Quando sono là mi piace volare con i colibrì ma a volte divento un semino nero all’interno di una papaya. Vita piena e natura fiorente sono gli ingredienti. Le connessioni logiche si perdono perché sono superflue; il tutto là si coglie a polmoni aperti. Il sangue si addensa e il corpo pulsa fervido. Quando il sole tramonta però tutto ricomincia da capo. L’oscurità mette a dura prova il calore solare ma facendosi forza e coraggio si supera anche la notte, l’insidia più difficile. Quando la si supera ci si risveglia più giovani, più freschi e più biondi. Sono sicuro che le palme generino datteri più grossi di mattina e le banane siano più morbide. Ora è mezzogiorno qui sull’isola e il sole è nel suo punto più alto che cancella le ombre. Stasera però la luna sarà sola a farmi compagnia e io dovrò ancora una volta rinascere dal nulla.